Il giapponese Enomoto Takeshi tra Sol Levante e Strapaese

Il giapponese Enomoto Takeshi tra Sol Levante e Strapaese è il tema che tratterò a Roseto degli Abruzzi 

Il giapponese Enomoto Takeshi tra Sol Levante e Strapaese è il tema che tratterò a Roseto degli Abruzzi il 9 luglio alle 18.30.

Il 9 luglio alle 18.30, presenterò Le avventure romane di Enomoto Takeshi a Roseto degli Abruzzi in occasione della terza edizione rassegna Roseto incontra il Giappone.

Nonostante il libro pubblicato da Idrovolante Edizioni compaia nella collana Sedici Raggi dedicata proprio alla terra del Sol Levante, va detto a scanso di equivoci che il romanzo  – sebbene il protagonista sia un giapponese – non è un libro sul Giappone. Non sono uno studioso del Giappone, non ci sono mai stato, non sono un cosiddetto esperto d’Oriente o di amenità del genere.

Tantomeno siamo di fronte a un pallido tentativo di affrontare un confronto tra mondi, geopolitiche e culture diverse.

Il romanzo Le avventure romane di Enomoto Takeshi nasce in un contesto diverso.

Il romanzo Le avventure romane di Enomoto Takeshi nasce in un contesto diverso.

Le avventure romane di Enomoto Takeshi tra Sol Levante e StrapaeseIl giapponese Enomoto Takeshi tra Sol Levante e Strapaese

 

Innanzitutto prende le mosse da una raccolta di racconti brevi intitolata Di efferati delitti e d’altre storie macabre – sempre pubblicata per i tipi di Idrovolante Edizioni – in cui affronto il delicato tema della morte. Due racconti di questa raccolta, uno in cui figura Enomoto Takeshi e uno in cui il protagonista si chiama Monsignor Guido Gherardi, danno vita al romanzo in questione, praticamente arrivando a fondere le storie.

Di efferati delitti e d'altre storie macabreDi efferati delitti e d’altre storie macabre

Ambientati il primo nel 1908 e il secondo nel 1926, creano una fitta di trama di avvenimenti proprio a partire da quel 1908 anno in cui tutto ha inizio a livello letterario in un piccolo paesino della Valle di Comino, luogo a me molto caro e in cui mi sono ritirato a vivere: Fontechiari.

Sono tante le vicende scritte e quelle ancora non scritte che giungeranno a ricollegarsi con la seconda storia, quella ambientata a Roma nel 1926 in cui il Monsignore è alle prese con una delicata storia in cui il mondo del soprannaturale e nella fattispecie il Purgatorio – uno dei misteri cosiddetti Novissimi – fa da condimentum e da fundamentum, ovvero da condimento e da ingrediente di cottura.

Giunto in Italia, Enomoto Takeshi apprezza la semplicità della cultura tradizionale, ma soprattutto resta affascinato da un Paese che politicamente è alle prese con una modernizzazione che in alcune sue parti, dopo 150 anni dall’Unità d’Italia, ancora non si è conclusa.

Il tema delle Fede cattolica fa da robusto filo invisibile, percepito, ma mai invasivo, su ispirazione della letteratura ottocentesca di ambiente apologetico cattolico che scandalizzò Antonio Gramsci, il quale lo definì “brescianismo” sulla scorta della letteratura del padre gesuita Antonio Bresciani, romanziere attento alla religione e all’apologia del cattolicesimo.

E poi c’è lo Strapaese, fenomeno tutto di primo Novecento, maggiormente sviluppatosi dopo il primo conflitto mondiale in cui l’amore per la tradizione contadina e per i piccoli borghi contrasta l’espansione del modello capitalista cittadino.

Il giapponese Enomoto Takeshi tra Sol Levante e Strapaese, una serie di racconti brevi e romanzi in cui viene raccontata l’Italia di primo Novecento.

Enomoto Takeshi, così, già crononauta, viaggia – altra particolarità, volando – di paese in paese e racconta in un nuovo Grand Tour fatto di salti spazio temporali tuto quello che scopre sui luoghi che visita. Il tutto supportato da numerose amministrazioni comunali che hanno il piacere di collaborare con Enomoto Takeshi e con il suo peregrinare.

Da una sua invenzione bizzarra nasce L’Acernatore, un blog che risponde a movimento culturale di ricerca nel campo della prima fantascienza e della letteratura estravagante, e con esso nascono i Quaderni de L’Acernatore che raccontano gli innumerevoli détour possibili e immaginabili sulle stravaganti storie del giapponese.

Sostenere L’Acernatore attraverso il crowdfunding che è stato avviato di recente è un atto nobile che permette alla letteratura surrealista e fantastica di ritrovare uno slancio e un vigore degni di Tristram Shandy e della penna di illustri autori quali Flann O’Brien, Alfred Jarry e Boris Vian, padri di avanguardie surreali e fantastiche.

Fatelo ora.

 

 

 

 

Paura e stato di emergenza

Mario Draghi fa paura e mantiene lo stato di emergenza

Paura e stato di emergenza, tra Coronavirus, vaiolo delle scimmie, omosessuali e invasioni aliene. Come spaventare la gente e tenerla nel terrore della morte

In principio per creare tensione, paura e stato di emergenza fu il pangolino, un mammifero conosciuto anche come formichiere squamoso, che venne considerato l’ospite intermedio attraverso il quale l’agente patogeno sarebbe riuscito a passare dai pipistrelli all’uomo.

Poi, fu scagionato dall’accusa di essere l’animale che aveva trasmesso all’uomo il coronavirus (poi chiamato Sars Cov2), perché venne trovato un nuovo colpevole: il pipistrello, un animale sicuramente più brutto del mite pangolino.

Ci dissero che tutto era nato in un mercato cinese; il virus sarebbe passato tramite il sangue e dopo la macellazione degli animali vivi sarebbe andato in circolo, mentre i politici italiani consigliavano di abbracciare i cinesi perché il vero virus era il razzismo.

Morti, quarantene, chiusure. La paura veniva instillata mostrando camion militari pieni di bare. Non si potevano fare esami autoptici e nemmeno i funerali. Erano obbligatorie le mascherine, si usciva solo per motivi realmente gravi oppure per vedere amici di provata fede e affetti stabili. I virologi spargevano il loro verbo e con esso il terrore negli italiani.

Così hanno creato paura da una parte e dall’altra hanno autorizzato che vi fosse un continuo stato di emergenza

Prima seduti, poi in piedi, poi in piedi e poi seduti, il virus distruggeva l’economia italiana ed europea. I nemici del popolo erano quelli che andavano a correre per svolgere attività sportiva, poi quelli che volevano andare a mangiare e bere fuori. La movida era il nuovo pangolino, ma più brutta anche del pipistrello. Era sconsigliato il sesso, era vietato ogni assembramento.

Arrivò il vaccino. In diretta televisiva le prime 9.750 dosi del vaccino anti-Covid di Pfizer-Biontech arrivarono in Italia dal Brennero mantenute a rigida temperatura sotto lo zero, e furono il regalo di Natale del 2020.

Le istituzioni europee annunciarono la battaglia comune dell’Unione Europea contro il virus. Intanto cresceva la paura nelle città spettrali e il vaccino diventava obbligatorio.

Si viveva nel terrore e lo stato di emergenza diventava la normalità necessaria per continuare a vivere.

La fine dell’emergenza si spostava di mese in mese, di stagione in stagione, i nonni non uscivano di casa e il Natale veniva abolito.

Restava la paura.

Salvare il Natale, poi la Pasqua, poi l’estate, poi ripetere il mantra. Prima dose, poi la seconda, la terza e lo spettro della quarta. I cattivi erano i non vaccinati chiamati no vax. Per loro si chiedevano treni piombati, esecuzioni capitali in piazza, carabinieri alle loro porte di casa. Alle manifestazioni di piazza si rispondeva invocando lo spettro di Bava Beccaris e manganellando. Intanto si vaccinava ai concerti e sulle spiagge. Non era più necessario mantenere il vaccino sotto zero.

La paura era troppa, andava fatto tutto in maniera molto veloce.

I virologi spargevano il terrore con le loro canzoncine e lo stato di emergenza era garantito.

Per terrorizzare la popolazione fecero persino cantare  i virologi…

Poi a spaventare tutti ci ha pensato Draghi quando ha detto la frase capitale: “Non ti vaccini, ti ammali, muori”.

Finalmente a darci un po’ di respiro è arrivata la guerra, o l’operazione militare speciale come la chiamano i russi.

I russi, i nuovi pangolini, i nuovi orribili pipistrelli, ancora peggiori della movida. I nuovi nemici dell’Occidente e della sue libertà democratiche. Altra paura, la minaccia nucleare. Denazificare l’Ucraina o denazificare la Russia da Putin? Tutto questo è servito a far collassare la nostra economia e a mantenere lo stato di emergenza. Il resto ha continuato a farlo Draghi.

Il rettiliano Mario Draghi, una garanzia per far paura e mantenere lo stato di emergenzaMario Draghi, per molti l’unico vero alieno. Il premier del Governo dei migliori, bravo a creare paura e a mantenere lo stato di emergenza infinita.

Ma cos’altro può mancare per finire di terrorizzare la gente?

La redazione de L’Acernatore ne ha parlato nuovamente con l’esperto, il fotografo e crononauta Enomoto Takeshi.

 

Le avventure romane di Enomoto Takeshi al Salone Internazionale del Libro di TorinoLe avventure romane di Enomoto Takeshi (acquistalo qui)

L’A.: Cos’altro dobbiamo aspettarci?

E.T.: Premetto che sono stato nel futuro e che ho visto cose terribili. Cercherò di non spaventare ulteriormente la gente, perché tutto quello che è capitato fino a questo momento si basa sulla paura che la gente ha di morire. Quello che vogliono, dunque, è mantenere la gente nel terrore e nello stato di emergenza. Questa paura, noi, la dobbiamo vincere a tutti i costi.

 

L’A.: Si parla di nuovi virus…

E.T.: Se parliamo del virus del vaiolo, creiamo nel sistema un grosso cortocircuito perché qualche virologo ha detto che il vaiolo delle scimmie colpisce la comunità gay. Sarebbe un grave caso di discriminazione non in linea con il mainstream del politically correct, quindi bisognerà cambiare rotta. Immaginiamo un contagiato dal vaiolo delle scimmie che sia costretto a raccontare come si è beccato il virus. Non si tratterebbe di portare la mascherina, a quel punto. Forse obbligherebbero la gente a indossare un preservativo al chiuso e all’aperto, ma non voglio svelarvi come finirà, voglio solo fornire spunti di riflessione.

 

L’A.: Quale potrebbe essere allora la soluzione?

E.T.: Hanno deciso di rendere normale lo stato di emergenza. Qualche tempo fa proprio L’Acernatore ha pubblicato un paio di articoli sul tema del futuro, gli UFO.

Le spietate armi nucleari degli alieni per far paura e mantenere lo stato di emergenzaLe spietate armi nucleri degli UFO nazisti

L’A.: Si riferisce agli UFO nazisti e all’UFO Solar, giusto?

E.T.: Esattamente. Gli americani hanno iniziato a raccontare che magari non ci saranno gli alieni dietro ai fenomeni aerei non identificati, che i piloti delle forze armate americane hanno osservato numerose volte. Però i fenomeni esistono, non hanno spiegazione, e bisogna studiarli con serietà, perché potrebbero rivelare potenti armi dei nemici degli Stati Uniti. Vedrete che si ricomincerà a parlare degli UFO nazisti.

UFO Solar pallone giocattolo per fare paura e mantenere lo stato di emergenzaUna delle armi di distruzione di massa, il pallone UFO Solar

L’A.: André Carson deputato democratico membro della Camera dei Rappresentanti per lo Stato dell’Indiana proprio recentemente ha sostenuto che “per troppo tempo il marchio d’infamia degli UAP (Unidentified  Aerial  Phenomena) ha impedito analisi serie, i piloti che li riportavano venivano sfottuti. Ma sono una potenziale minaccia per la sicurezza nazionale e come tali vanno trattati”. Cosa significa?

E.T.: Lo scopo è quello di  verificare se i nemici degli Usa hanno sviluppato armi che mettono a rischio la sicurezza nazionale, e quindi le minacce di Cina e Russia, ad esempio con i missili ipersonici impiegati in Ucraina. Ovviamente il terrore che viene dallo spazio è un grande classico, specialmente se passasse la linea che i russi sono davvero entrati in possesso dei pericolosi piani strategici degli ingegneri nazisti che al termine della Seconda Guerra Mondiale passarono sotto la falce il martello.

 

L’A.: Mi sembra una strategia un po’ azzardata…

E.T.: Credo che Biden recentemente stesse stringendo la mano a un alieno che vedeva solo lui,  ma consideriamo che anche l’ex capo di gabinetto della Casa Bianca ai tempi di Clinton e Obama, John Podesta, è un appassionato di UFO. Sarebbe un grande colpo da maestro. Putin sarebbe un nazista, i militanti dell’Azov sarebbero nazisti, ma meno di Putin in quanto lettori di Kant, lo stato di emergenza resterebbe e gli alieni sarebbero gli alleati della Russia.

 

L’A.: Se non sbaglio lei ha avuto contatti con gli alieni, sono davvero nazisti?

E.T.: Sono stato rapito da piccolo. Avevo circa sei anni, ho dei ricordi molto vaghi, ma nella mia famiglia ancora si parla di questo strano avvenimento. Stavo giocando da solo in riva al mare quando vidi scendere dal cielo uno strano oggetto luminoso a forma di raviolo gigante, ma non ricordo avesse insegne naziste e nemmeno russe anche perché questo accadde molto prima della Seconda Guerra Mondiale.

 

L’A.: Cosa ricorda?

E.T.: Da quello strano oggetto volante uscirono due esseri alti circa un metro con delle teste molto grandi rispetto al corpo. Quando tornai a casa, due giorni dopo, i miei genitori erano disperati e anche molto in collera con me, perché erano convinti che mi fossi allontanato in maniera sconsiderata. Ma tutto è bene quel che finisce bene.

 

L’A.: Come finirà?

E.T.: Quello che conta, al momento, è resistere. E fare attenzione ai Draghi. Piuttosto bisogna combattere con San Giorgio, altrimenti resteranno la paura e pure lo stato di emergenza.

 

Tre deviazioni impreviste

Tre deviazioni impreviste sulle avventure romane di Enomoto Takeshi

Sono tre le deviazioni impreviste che compongono altrettante storie pubblicate in edizione limitata e fuori commercio per I Quaderni de L’Acernatore nel libriccino Tre deviazioni impreviste sulle avventure romane di Enomoto Takeshi.

Tre deviazioni impreviste sulle avventure romane di Enomoto TakeshiTre deviazioni impreviste sulle avventure romane di Enomoto Takeshi

Tre détour, ovvero tre digressioni che raccontano sedute medianiche, ricerche dell’aldilà, viaggi in dimensioni parallele attraverso porte alchemiche e viaggi nel tempo, tra surrealismo e umorismo nero.

Le tre deviazioni impreviste si rifanno al romanzo Le avventure romane di Enomoto Takeshi edito da Idrovolante Edizioni

 

Le tre divagazioni raccontano nuove avventure di Enomoto Takeshi tra Terni, Narni, Ferentillo, Rieti e la Valle di Comino e riprendono il filone dei racconti brevi già utilizzato in Di efferati delitti e d’altre storie macabre, focalizzandosi sul giapponese  e il suo immancabile Acernatore.

Di efferati delitti e d'altre storie macabre edito da Idrovolante EdizioniDi efferati delitti e d’altre storie macabre

Una menzione speciale è per le Antiche Fonti di Cottorella, presso le quali si svolge uno degli excursus, perché grazie al sostegno di Cottorella è stato possibile pubblicare Tre deviazioni impreviste sulle avventure romane di Enomoto Takeshi, mentre un ringraziamento particolare va al Comune di Terni e al Comune di Rieti che hanno patrocinato l’iniziativa editoriale.

Di efferati delitti e d'altre storie macabre insieme con Le avventure romane di Enomoto Takeshi al Salone Internazionale del Libro Stand P77 - Pad. 3Di efferati delitti e d’altre storie macabre insieme con Le avventure romane di Enomoto Takeshi al Salone Internazionale del Libro Stand P77 – Pad. 3 – Idrovolante Edizioni

Il volumetto di 73 pagine fa parte di un progetto di crowdfunding, ovvero di un microfinanziamento collettivo per la creazione di una piccola casa editrice dedicata alla letteratura estravagante:

Ci sono tanti grandi scrittori dell’Ottocento e del Novecento che hanno trattato temi di pre-fantascienza e di letteratura utopistica. Ma anche autori contemporanei che si occupano di Surrealismo – ha dichiarato Fabrizio Ghilardi.

Leggi qui l’intervista a Fabrizio Ghilardi su RIS8LIFESTYLE.

Sostieni L’Acernatore! Fai la tua donazione!

 

Le buche di Roma e gli ingegneri giapponesi

Recentemente alcuni quotidiani italiani hanno riportato la notizia che le buche di Roma sarebbero le preferite degli ingegneri delle case motociclistiche giapponesi che da oltre trent’anni scelgono l’Urbe per testare i nuovi scooter.

La notizia uscita su Il Messaggero

 

Come già accaduto in occasione della Pietra assassina giapponese, abbiamo pensato di parlarne con il nostro esperto Enomoto Takeshi, sperando di fare cosa gradita ai lettori de L’Acernatore.

Le buche di Roma e gli ingegneri giapponesi: un tema affascinante. Ce ne parla Enomoto Takeshi.

 

L’A.: Alcuni giorni fa abbiamo letto su diversi quotidiani italiani che Roma è molto famosa in Giappone per le sue buche. È vero o è la solita notizia falsa? L’Italia, con buona pace di Mario Draghi che sostiene che nel nostro Paese vi sia libertà di stampa, recentemente è scivolata al 58mo posto proprio nella classifica mondiale sulla libertà di stampa, non vorremmo fosse una notizia pilotata. Bisogna dire che da quando c’è Draghi, l’Italia ha perso diciassette posizioni nella speciale classifica stilata da Reporters Sans Frontiers.

E.T.: La notizia è vera, nonostante il problema della libertà di stampa. In Giappone siamo dei grandi appassionati delle buche di Roma. Io stesso sono stato incaricato da mio zio il visconte Enomoto Takeaki di fare delle particolari ricerche in merito.

 

L’A.: La sua conferma ci rincuora. Ci spieghi, dunque, i motivi di tanta passione e se vuole ci illustri quali ricerche è chiamato a condurre in merito.

E.T.: Attualmente Roma detiene un record importante, credo sia record europeo e forse mondiale di buche larghe più di un metro. Nel 2018 si sono aperte 175 voragini. Quando nel 1911 l’ho saputo, non ci volevo credere. Già all’epoca proposi di nominare Roma la «Capitale delle Voragini». Poi non se ne fece più nulla.

Le buche di Roma
Le buche di Roma, un primato per la Capitale delle Voragini

L’A.: Sì, è decisamente un record molto importante. Dunque questo primato piace molto ai giapponesi?

E.T.: Non è il primato che interessa in Giappone. Diverse case motociclistiche giapponesi studiano le buche di Roma per fare importanti test sulla tenuta delle motociclette e degli scooter. I nostri tecnici sono all’avanguardia anche grazie alle buche di Roma.

 

L’A.: È vero che un tecnico di Yokohama rimase profondamente colpito dalla situazione di piazza Venezia, tra buche, sampietrini, rotonde e avvallamenti, tanto da definirlo il tratto perfetto per testare sospensioni, freni, telai e ruote dei futuri modelli di scooter?

E.T.: Le confermo anche questo. Quello che non viene detto è che l’ingegnere di Yokohama è scomparso in una buca.

Macchine inghiottite da una voragineAlcune macchine inghiottite da una voragine

L’A.: Questa notizia mi pare poco probabile, ma andiamo avanti.

E.T.: In media si apre a Roma una voragine ogni tre giorni, non parliamo delle buche. Mio zio il visconte Enomoto Takeaki ha creato un gruppo di ricerca specializzato proprio sull’argomento.

 

L’A.: Ci può dare qualche indicazione in proposito?

E.T.: Stiamo valutando il numero pro capite di buche che hanno a disposizione i romani ogni anno. Non solo: c’è un ambizioso progetto del 1908 per portare una buca in Giappone con il fine di studiarla più comodamente. Il problema è che il progetto è stato assegnato a un ingegnere che ha già creato non pochi problemi. Se vuole le racconto il fatto.

 

L’A.: La prego, ce lo racconti.

E.T.: La proposta di portare una voragine romana in Giappone è stata fatta nel 1908 da un ingegnere giapponese molto amico dello zio visconte, il quale stava lavorando a una particolare sintesi chimica per ottenere un nuovo carburante da utilizzare su un mezzo che questi aveva inventato e che avrebbe consentito di viaggiare protetto da una capsula infrangibile, impermeabile e velocissima. L’inventore viveva in un elegante appartamento al centro di Tōkyō, fornitogli dalla direzione generale di un’importante ditta che pagava le sue spese e i suoi capricci. Aveva a sua disposizione un intero reparto che lo assisteva e ogni giorno aveva qualche bizzarra richiesta da soddisfare, ostriche irlandesi, caviale russo, champagne francese, vini italiani. Dopo alcuni lunghi mesi di ricerche e di esperimenti, costati un’incalcolabile cifra di yen, l’ingegnere produsse circa dieci centimetri cubi di benzina che poi risultarono provenienti da una Takuri, una vettura di tipo phaeton a quattro posti. E così scomparvero assieme, l’ingegnere, il progetto della capsula e il nuovo carburante per farla funzionare e dei tre non si parlò più. Ecco perché non s’è fatto più nulla del progetto di portare una buca di Roma in Giappone.

 

L’A.: Quale sarebbe il suo ruolo nello studio delle voragini e delle buche romane? Ci diceva che suo zio il visconte la ha assegnato un incarico particolare.

E.T.: Devo fare una premessa: a Roma nei tunnel lunghi decine di chilometri, a dodici metri di profondità, durante la guerra i soldati giravano con i carri. Non solo, dopo gli anni Cinquanta in quelle zone cave giravano i malavitosi con i motorini. Il mio compito è di fare delle particolari ricerche per un programma segreto spaziale del governo giapponese.

 

L’A.: Ce ne può parlare o essendo segreto non ci può dire nulla?

E.T.: Le buche e le voragini di Roma fanno parte di una rete di gallerie gravitazionali. Immagini che la Terra sia attraversata da cunicoli spazio temporali, delle specie di tunnel che consentirebbero spostamenti più veloci, invece di doversi per forza muovere sulla circonferenza del pianeta. In breve, la teoria della quarta dimensione spaziale che abbrevia le distanze e anche i tempi di viaggio.

 

L’A.: Entro in una buca all’Appio Latino e sbuco al Prenestino?

E.T.: Non solo ci sono queste gallerie, per cui si potrebbe intervenire anche sul traffico romano sempre congestionato; ci sono anche dei tunnel spazio temporali intra universo che collegano il nostro universo con altri universi paralleli. Non posso dirle di più, se non che Roma rappresenta uno dei principali snodi intergalattici e spaziotemporali. L’Acernatore serve proprio a identificare questi tunnel gravitazionali che collegano punti distanti per mezzo di queste deformazioni spaziotemporali.

L’A.:  Ho sentito che ha percorso uno di questi canali, non so se l’espressione è corretta, tra la Porta Alchemica di Rivodutri, nei pressi di Rieti e la porta Alchemica di Piazza Vittorio a Roma. Ce ne può parlare?

E.T.: Ero andato alle Antiche Fonti di Cottorella e mi è capitato di incontrare il conte Riccobelli de Mattias con il quale… Ma questa storia viene raccontata in un volumetto intitolato Tre deviazioni impreviste sulle avventure romane di Enomoto Takeshi e fa parte di un crowdfunding al quale tengo molto.

 

Le fiabe che finiscono male

Ci sono le fiabe che finiscono bene in cui i buoni vincono e ci sono le fiabe che finiscono male in cui a vincere sono i malvagi. Ma spesso dipende da come ci vengono raccontate.

Tutte le fiabe devono cominciare con c’era una volta, perché è insito nelle favole che quello che raccontiamo abbia avuto uno spazio e un tempo definiti.

Spesso c’era una volta un Re, più spesso una principessa – non importa che dormisse o che facesse altro – e generalmente finiva bene, perché come diceva Gilbert Keith ChestertonLe fiabe non raccontano ai bambini che i draghi esistono. I bambini sanno già che i draghi esistono. Le fiabe raccontano ai bambini che i draghi possono essere uccisi”.

Ma altrattento spesso ci sono fiabe che finiscono male. Anche malissimo.

Conosciamo tante favole che abbiamo ascoltato da bambini. E finivano sempre bene.

Ma sarà vero che il finale era sempre lieto? La risposta è no. Molto spesso le fiabe finiscono male, ci dobbiamo rassegnare.

Le fiabe che finiscono bene e le fiabe che finiscono male.

Quali sono, dunque, i veri finali delle fiabe? Abbiamo letto i libri o conosciamo le favole nelle versioni Disney in cui da sempre ha trionfato la versione edulcorata dal politically correct?

In Cenerentola, il Principe dopo aver scoperto che la scarpetta (di cristallo nella versione di Perrault, d’oro in quella dei Grimm) apparteneva a Cenerentola, decide di punire le sue sorellastre per la loro malvagità e le scaccia, ordinando a dei corvi di beccare e cavare loro gli occhi.

Cenerentola, il ballo e la fuga

Cenerentola perde la scarpina

E Biancaneve, la famosa storia dei fratelli Grimm, finisce con il bacio del principe che risveglia la fanciulla? Niente affatto.

Il finale di Biancaneve è tragicomico

Il finale è tragicomico perché durante il trasposto della bara nel castello del Principe, uno dei suoi servitori inciampa, la bara rotola giù per la collina, il corpo di Biancaneve cade fuori e il pezzo di mela avvelenata incastrata in gola esce fuori. La fanciulla si sveglia, si innamora del Principe e si sposano.

Alle nozze viene invitata anche la Regina malvagia, che non sa chi siano gli sposi, ma si sa questi nobili decaduti amano i ricevimenti. Quando tra un tramezzino e una pizzetta vede Biancaneve ancora viva rimane di stucco. Sono due le versioni del finale. Nella prima, il Principe ordina che due scarpe di ferro arroventate vengano fatte indossare alla Regina, la quale è costretta a ballare fino a che non cade morta. Nella seconda viene rinchiusa per sempre in una prigione, da cui nessuno la libererà mai.

Biancaneve e la strega

Biancaneve cade a terra avvelenata

In Cappuccetto Rosso, invece, il Cacciatore arriva, ma non riesce a salvare la bimba che viene divorata dal lupo.

Cappuccetto Rosso incontra il lupo

Cappuccetto rosso incontra il lupo cattivo nel bosco

La Sirenetta di Hans Christian Andersen non è da meno.

Il principe alla fine si sposa, ma con un’altra ragazza. La Sirenetta non essendo riuscita a far innamorare di sé il Principe, è destinata a morire e solo uccidendolo, lei vivrà. Ovviamente la Sirenetta non può uccidere il suo amato e si getta nell’acqua di mare dove viene trasformata in spuma. Di mare, non nella bevanda.

La Sirenetta in fondo al mare

La Sirenetta in fondo al mare

E il Pifferaio Magico? Il finale edulcorato lascia il posto a una fine tragica. Il Pifferaio, indispettito perché gli abitanti del villaggio non vogliono pagargli l’onorario per aver eliminato i ratti che li infestavano, suona il suo strumento e ipnotizza tutti i bambini, li rinchiude in una grotta e nessuno li troverà mai più.

Il Pifferaio magico

Il Pifferaio di Hamelin porta via i bambini

Potremmo andare avanti all’infinito.

E così una favola ve la racconto pure io.

C’era una volta un luogo magico e c’era un uomo che inventava storie, le scriveva e le raccontava e così dava vita ai sogni.

Ma i sogni svaniscono al mattino, anche nelle fiabe.

Un giorno, purtroppo, arrivarono dei mostri malvagi che si impossessarono del luogo magico. E il luogo, che era magico per davvero, nelle loro mani smise di fare magie.

Pure questa volta, però, ci saranno quelli che vi racconteranno un finale edulcorato come i finali della Walt Disney, vi diranno che il luogo è ancora magico e tutti quelli che vivono nel mondo dei pupazzetti (e quelli che ci vogliono vivere) crederanno a quel finale.

Raccontiamole per bene le fiabe!

Ma ci sarà chi ha memoria, chi, come Guy Montag, il protagonista di Fahrenheit 451, si ribellerà e manderà a memoria i libri (quelli con i finali veri) e dirà: quel luogo era magico. Così magico che il mago che lo inventò un bel giorno decise di sparire. Perché la spada nella roccia non la possono estrarre quelli che si fingono cavalieri o maghi.

Fine della fiaba.

Viaggio nel Protocosmo. Giacomo Casanova e l’Icosameron (1787-1788)

Giacomo Casanova e il viaggio nel Protocosmo : l’Icosameron

Che secolo strano il ‘700. Nel suo fiume di racconti, dire cos’è alto e nobile, cos’è vile e popolare perde del tutto senso. Le avventure dell’extra-terrestre Micromega sulla Terra e il viaggio sentimentale di Yorick rispediscono ai lettori di oggi categorie, fatui schematismi e altri compiacimenti.

Un caleidoscopio di forme narrative intrecciate, un’uscita dal dominio dell’allegoria e un’entrata nel mondo della realtà che si può toccare, che si può indicare senza che rimandi a qualche significato trascendente; eppure, nello sforzo di rappresentare le “cose vive” si avverte il senso di qualcosa di spirituale: l’empirico ridiventa sacro e viceversa.

La lettura di Moliere in un salotto francese del Settecento

Jean François De Troy, “Lecture de Molière” (1728)

Giacomo Casanova dal suo esilio scrive l’Icosameron, il viaggio nel Protocosmo

Tra il 1787 e il 1788, ad esempio, Giacomo Casanova si trovava in esilio presso il castello di Dux, in Boemia, ed ebbe l’ardire di pubblicare in cinque tomi – per un totale di 1.800 pagine – un romanzo che dire labirintico è poco. Già il titolo è di una lunghezza sconcertante: Icosameron, ovvero Storia di Edouard e di Elizabeth che passarono ottantuno anni presso i Megamicri abitanti indigeni del Protocosmo all’interno del nostro globo, tradotto dall’inglese da Giacomo Casanova cavaliere di Seingalt, veneziano. Fu un clamoroso insuccesso.

La scoperta di un nuovo mondo, il Protocosmo

Due giovani fratelli inglesi, Edouard ed Elizabeth, compiono un lungo viaggio via mare e, a seguito di un naufragio, sprofondano negli abissi del globo terrestre scoprendo un mondo nuovo, il Protocosmo.

Attorno al Sole vive la società dei Megamicri

Si tratta di un vero e proprio universo interno: il suo Sole è collocato esattamente al centro della Terra, che è un po’ come dire il cielo o lo spazio intorno a noi. Attorno al Sole vive la società dei Megamicri: graziosi esseri dalla pelle variopinta, ermafroditi e ovipari, che sono destinati a morire a 48 anni; il governo è retto da un principe-sacerdote chiamato Sole, coadiuvato da tre personalità autorevoli di nome Pon, Sin e Mor (Potestà, Sapienza, Amore).

Una lingua musicale e cantata

La lingua megamicra è musicale, cantata, ed accoglie nel suo alfabeto particolari sfumature di suoni e persino gradazioni di colori. Il Dio del Sole è chiamato, in quanto manifestazione della totalità del Verbo, AEIOU.

La storia di Edouard ed Elizabeth, ovvero l'Icosameron

Frontespizio dell’Icosameron di Giacomo Casanova (1787-1888)

La vita dei Megamicri scorre a ritmi lentissimi, ma sarebbe sbagliato pensare che la loro percezione del tempo sia quella comunemente quantificabile, misurata in ore, giorni, anni: pur morendo giovani, essi fanno propria l’idea di tempo come durata soggettiva, in un senso non molto dissimile da quello inteso da Bergson. Questo dà l’occasione a Casanova di fare numerose riflessioni sulla morte.

Venti giornate di racconti, da cui il titolo Icosameron

Dopo 81 anni, i due giovani protagonisti riemergono improvvisamente sulla superficie terrestre a causa dell’eruzione di un vulcano: vengono risputati fuori dagli abissi proprio a Venezia – l’antica Repubblica che ripudiò Casanova -, e da lì si rimettono in viaggio verso l’Inghilterra. Lì, decidono di formare un gruppo di giovani donne e uomini desiderosi di ascoltare le loro avventure, organizzando venti giornate di racconti – da cui il titolo, Icosameron.

Il locus amoenus di Boccaccio diventa un giardino settecentesco all’inglese – così spesso copiato nelle residenze nobiliari venete, come la manifestazione geografica di un’utopia verso cui i nobili “illuminati” devono tendere. Questo contesto di totale immersione nella natura – una natura ridefinita però dalla mano sapiente e razionale dell’uomo – e di perfezione estetica diventa la cornice narrativa entro cui si dipanano tutte le avventure di Edouard ed Elizabeth.

Jean-Jacques Grandville, Un Autre Monde (1844)

Jean-Jacques Grandville, Un Autre Monde (1844)

Se vogliamo appigliarci agli schematismi di oggi, per tentare di governare il labirinto insondabile di Icosameron, riusciamo a distinguere almeno sei generi letterari, anche se ce ne sfuggono altri:

Sei generi letterari che distinguiamo nel Viaggio nel Protocosmo, ovvero nell’Icosameron di Giacomo Casanova

  1. La struttura superiore della raccolta di novelle organizzata in un certo numero di giornate.
  2. I romanzi d’avventura di media letterarietà, destinati al nuovo pubblico europeo fruitore di romanzi popolari, diciamo borghese per semplificare. La struttura del viaggio, del naufragio e del viaggio di ritorno ha tutto del Gulliver o del Crusoe.
  3. Il romanzo sentimentale. Come in Sterne, l’autore interrompe il racconto per profondersi in riflessioni filosofiche, dando un taglio soggettivo e “sentimentale” al racconto; nonché per fare aperta satira politica.
  4. La proto-fantascienza. Ben prima dei Voyage au centre de la Terre di Verne (1864), Casanova scopre, umanizza le profondità della Terra. Prima della suspended animation di Émile Souvestre in Le monde tel qu’il sera (1846), Casanova trova uno stratagemma per rallentare notevolmente lo scorrere del tempo – la durata – nel Protocosmo, evitando che i protagonisti invecchino e permettendo loro, una volta riemersi, di raccontare le loro avventure.
  5. La narrativa utopistica. Il Protocosmo è il mondo ideale, così come la sua civiltà armonica, pacifica, che si esprime con musica e colori. Si tratta però del sogno nostalgico di un veneziano in esilio, non dell’immaginazione di un progetto politico. Semmai, l’utopia serve a fare aspra satira del presente.
  6.  Infine, Icosameron fa parte delle cosiddette verae narrationes, racconti fantastici che si fingono storici, realmente accaduti, impostati tutti sulla menzogna, di cui Luciano di Samosata fu il primo ideatore con la sua Storia vera. Ecco cosa dichiara Casanova nella dedica al Conte di Weildstein:

Nessuno al mondo può decidere se quest’opera sia una histoire o un roman, neanche colui che deve averla inventata. […] Il lettore deve credere vero ciò che trova verosimile, e falso tutto ciò che urta con la sua ragione […], ma sapete che i più saggi tra noi sono quelli che sanno ben dubitare.

Racconto di un evento realmente accaduto o romazo frutto di invenzione?

Casanova dichiara di non sapere se Icosameron sia effettivamente di una «histoire» – il racconto di un evento veramente accaduto – o di un «roman» frutto di invenzione. Quindi, legittima il diritto di dubitare della storia dell’uomo così come ci è stata tramandata, e mette così in dubbio anche quella raccontata dalla Genesi biblica, mettendola sullo stesso piano della sua vera narratio:

Se l’Icosameron che vi presento, signor Conte, è una Storia, allora apprenderete che all’interno del globo si trova il Paradiso terrestre, il giardino dell’Eden di cui non abbiamo memoria […]. Se Dio ha scritto che l’Eden si trova al di sopra della superficie terrestre, allora noi diremo che si trova al suo interno.

Giacomo Casonava ritratto fa francesco Narici

Francesco Narici, Giacomo Casanova (1760)

La NASA, il politically correct e la donna sulla Luna

La NASA, il politically correct e la Luna

A quanto pare, se non ci sarà la fine del mondo a causa della Terza Guerra Mondiale, nel 2024 si tornerà sulla Luna.

Questo è il piano già da diversi anni annunciato dalla Nasa.

Un passo simbolico che punta a sottolineare come gli Stati Uniti non abbiano a cuore solo le sorti dell’umanità attraverso l’esportazione della loro democrazia, ma anche come la conquista dello spazio rivesta un ruolo importante nella politica espansionistica a stelle e strisce.

L’esplorazione dello spazio, la conquista della Luna e per finire quella di Marte.

La missione battezzata Artemis  [https://www.nasa.gov/specials/artemis/]– Artemide, divinità del pantheon greco è la dea della caccia legata al culto lunare – secondo quanto diffuso dalla NASA, però, ha un nuovo importante obiettivo: quello di provvedere l’equipaggio che farà atterrare i suoi astronauti nel polo Sud lunare, di una figura femminile.

Le astronaute attualmente in servizio alla NASA sono dodici, ma non è detto che sia così semplice, perché il politically correct imporrà valutazioni e scelte difficili.

Sarà una figura femminile come i transgender ucraini che sono stati rimandati al fronte a combattere oppure sarà una donna come il campione (la campionessa transgender) di nuoto Lia Thomas, nato William?

Sarà una donna bianca o peseranno le istanze del movimento BLM?

Tanti dubbi sul tipo di donna da mandare sulla Luna,  Fritz Lang non li ebbe quando diresse «Una donna sulla Luna» (Frau im Mond), film muto del 1929.

Friede – l’attrice Gerda Maurus, bionda con i capelli tagliati alla moda di quegli anni – fa parte dell’equipaggio che va nello spazio e arriva sulla Luna per verificare la presenza di importanti miniere d’oro.

E incredibilmente, senza scandalizzare nessuno, è una donna vera.

Fotogramma tratto da Frau im Monde di Fritz Lang

La donna sulla Luna

Melodramma fantascientifico, è l’ultimo film muto del grande regista tedesco, basato sul romanzo omonimo di Thea von Harbou, sua moglie .

In esso, per la prima volta vengono presentati al grande pubblico i fondamenti scientifici dei viaggi spaziali su razzi.

Un film controverso perché il regista si avvalse della consulenza degli antesignani della missilistica Hermann Oberth e Willy Ley che costruirono un modello di razzo e calcolarono in modo molto accurato le traiettorie di volo.

Talmente accurato che durante la Seconda Guerra Mondiale la Gestapo fece sparire tutti i progetti dei due scienziati perché simili ai progetti segreti per gli ordigni bellici V1 e V2.

Insomma il consiglio de L’Acernatore alla NASA è quello di vedersi il film, di considerare sempre il pericolo degli UFO nazisti di cui abbiamo già parlato [Guerra Fredda e UFO nazisti] e di riflettere a lungo se vale la pena di mandare una donna sulla Luna, visti i troppi rischi che si corrono nella valutazione.

La NASA, il politically correct e la Luna

 

 

 

La pietra assassina giapponese, la guerra e la maledizione

Come spesso accade in occasione di avvenimenti misteriosi, la redazione de L’Acernatore si avvale di Enomoto Takeshi, esperto di paranormale, di subnormale e di anormale.

Lo abbiamo raggiunto tra le pagine del sesto capitolo del libro di Fabrizio Ghilardi (che poi sono io), Le avventure romane di Enomoto Takeshi.

Il nostro crononauta è intento a parlare di sogni, di onironautica, di viaggi extra corporei e di un misterioso kinetoscopio.

L’occasione della chiacchierata ci è fornita da una pietra considerata maledetta che si è spaccata in due.

Lo spirito è uscito dalla pietra

La pietra assassina giapponese

 

A.: Spero di non disturbarla Signor Enomoto.

E.T.: Sono molto impegnato a leggere un libro interessantissimo che consiglio a tutti i lettori de L’Acernatore: Il santo con due piedi sinistri. Appunti sulla genesi dei corpisanti in ceroplastica di Massimiliano Ghilardi, non so se lo conosce. Sto studiando il caso di San Felicione e in questo momento sono nelle pagine del libro Le avventure romane di Enomoto Takeshi che domani, 17 marzo 2022, viene presentato a Terni.

 

A.: Non fa ridere. Massimiliano Ghilardi è mio fratello. Nel suo libro non si parla di San Felicione, ma di altri santi le cui reliquie…

E.T.: Ah no?

 

A.: Parliamo di cose serie. La disturbo per chiederle cosa ne pensa di quanto accaduto recentemente in Giappone: la “pietra assassina giapponese”, una grossa pietra di origine vulcanica conosciuta con il nome di Sessho-seki, situata vicino a Tokyo, si è spaccata in due.

E.T.: Pensi che ho letto la notizia su The Guardian. Certo non è un buon segno, beh non è nemmeno un grande quotidiano. Ad ogni modo, significa che gli spiriti stanno cercando di liberarsi.

 

A.: Ci può spiegare qualcosa di più?

E.T.: Secondo la leggenda, all’interno della pietra assassina era stato imprigionato lo spirito di Tamamo no Mae, una donna malvagia che cercava di uccidere l’imperatore Toba. Questo spirito ha le sembianze di una volpe a nove code con la pelliccia dorata e il muso bianco. La pietra, inoltre, è maledetta. Basta entrare in contatto con il Sessho-seki e si viene uccisi all’istante. Peggio di una suocera.

 

A.: La zona in cui si trova la pietra è una rinomata località termale sulfurea situata in un’area vulcanica e dal 1957 è stata dichiarata sito di interesse storico. Perché i giapponesi sono preoccupati per quanto è successo?

E.T.: Uno spirito che si libera è uno spirito che cerca vendetta. In realtà Tamamo no Mae, la bella donna che nell’otogizōshi, una raccolta di racconti giapponesi scritta durante il periodo Muromachi, viene descritta come incantevole. All’inizio, si diceva che il suo nome fosse Mikuzume, e che fosse stata allevata con cura da una coppia che non aveva figli. All’età di diciotto anni prestò servizio nel palazzo dell’Imperatore e in seguito divenne una sua cortigiana. In realtà era la responsabile della misteriosa malattia dell’Imperatore, perché era una kitsune, una volpe a nove code, un yōkai, cioè uno spettro, un demone. Fu l’astrologo di corte a smascherare la creatura soprannaturale che fu uccisa a colpi di frecce e fu rinchiusa nella pietra.

 

A.: Lei crede a questa storia?

E.T.: Senza dubbio. Se le sembra incredibile, sappia che tante storie occidentali mi sembrano altrettanto incredibili, eppure voi ci credete. Si ricordi che ho diverse prove di fantasmi che compaiono nelle fotografie che scatto.

 

A.: Qualcuno ha detto che questo è un brutto presagio e che ci sarà una guerra mondiale.

E.T.: Le guerre sono sempre esistite, non è colpa di uno yōkai se scoppia una guerra. I fantasmi di solito si occupano di vendette personali.

 

A.: Che succederà adesso che lo spirito di Tamamo no Mae si è liberato?

E.T.: Cercherò di ritrovare la volpe grazie al mio Acernatore per rinchiuderla da qualche altra parte. Al momento no ho idea di dove possa essere andata.

 

A.: Ci ricorda, cortesemente, cos’è l’Acernatore?

E:T.: È una sorta di potenziometro di intensità che va collegato al Phonoakustischer Repeater tramite un adattatore e un convertitore di onde elettromagnetiche, costituito da un antenna simile a un dipolo hertziano, collegato a delle sfere metalliche che fungono da serbatoi per le cariche. Serve per parlare con l’aldilà insieme all’Occhiale Traslatore Linguistico di Secondo Livello che mi permette di leggere qualsiasi lingua, all’Apparecchio Transcomunicatore Fono-Strumentale che serve per registrare le voci provenienti dall’aldilà (il mio è un modello pioneristico che assomiglia a un pantelegrafo mosso da elettromagneti) e al succitato Phonoakustischer Repeater, modello tedesco di Ripetitore Acufonico che di solito collego a un prototipo di Rilevatore di Presenza a Onde Radio.

 

A.: Funziona?

E.T.: Per ora no. Ma come disse un grande attore italiano, Ugo Tognazzi, “rivendico il diritto alla cazzata”.

Guerra Fredda e UFO nazisti

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, diviso il mondo dei buoni che avevano sconfitto il Male (che si era incarnato nel Nazifascismo) in due blocchi, americani e russi si resero conto che un buono era certamente di troppo.

E così iniziarono a fronteggiarsi e a incolparsi vicendevolmente di non essere poi così buoni come entrambi avevano creduto e sperato.

Certo gli americani avevano usato la bomba atomica, ma i russi erano pronti a rendere il favore agli scomodi alleati. Almeno così si diceva.

La tensione che ne scaturì, visto che non sfociò mai in un conflitto diretto tra le due potenze fece parlare di Guerra Fredda.

Guerra Fredda e UFO nazisti

Per trovarsi sempre d’accordo, però, sovietici e americani, mantennero alta la vigilanza sui resti della Germania Nazionalsocialista e su un presunto e continuo rischio che i tedeschi fossero in grado di riorganizzarsi e di creare da un momento all’altro il Quarto Reich.

Non solo. Si diceva vi fossero buone probabilità che Hitler non fosse morto nel bunker e si fosse rifugiato in Sud America dove si erano rifugiati diversi tedeschi, oppure fosse fuggito da Berlino con altri gerarchi e, per mezzo di un convoglio di sottomarini di ultima generazione, si fosse rifugiato in Patagonia o in Antartide, portando con sé il meglio dei progetti più avanzati della tecnologia nazista.

D’altronde la Germania nazional-socialista aveva rivendicato il territorio della Nuova Svevia (Antartide) e già nel 1938 aveva inviato una spedizione e ne aveva pianificate altre per condurre delle segretissime ricerche su una tecnologia di propulsione avanzata, che comprendeva la missilistica e il lavoro sulla turbina di Viktor Schauberger, quindi le premesse per la creazione di armi misteriose c’erano tutte.

In questo clima post bellico, nemmeno a farlo a posta, nei cieli di tutto il mondo, avvennero numerosi avvistamenti di oggetti volanti non identificati e russi e americani iniziarono ad accusarsi reciprocamente circa lo sviluppo dei famosi UFO nazisti, cioè i misteriosi dischi volanti del Reich, armi letali che il Führer non aveva fatto in tempo a utilizzare durante il conflitto, ipotetiche navicelle spaziali ad alta tecnologia note con il nome di V7.

Le pericolose armi immaginarie

Si parlava di fantastici armamenti che spesso sconfinavano nell’immaginazione tanto da sembrare usciti dai racconti di fantascienza: missili giganteschi, bombe congelanti, gas paralizzanti, raggi della morte, aerei a reazione in grado di volare a 10.000 miglia all’ora, enormi satelliti artificiali dotati di specchi per incenerire il nemico e così via. Tutte armi, di cui non si trovò mai alcuna traccia storica nei documenti conosciuti catturati alla fine delle ostilità, che gli scienziati nazisti avrebbero continuato a sviluppare nel dopoguerra. Secondo gli americani insieme ai russi; secondo i russi, ovviamente, insieme agli americani.

Così venivano immaginati gli UFO nazisti

Guerra Fredda e Ufo nazisti

In questo modo l’apparizione di oggetti volanti non identificati veniva subito messa in relazione con un immaginario altrettanto fuori dal comune: quello della misteriosa tecnologia nazista su cui tanto si favoleggiava.

La spedizione sulla Luna raccontata da Heinlein

Quello che Robert A. Heinlein aveva descritto in Razzo G.2 (Rocket Ship Galileo) un romanzo del 1947, nel quale raccontò di una spedizione sulla Luna condotta da tre adolescenti americani che avevano scoperto l’esistenza di una base lunare costruita dai nazisti, nella quale veniva custodita un’astronave molto avanzata insieme a numerose meraviglie tecnologiche, divenne improvvisamente una realtà.

Il nemico nazista ancora esisteva e fungeva da collante.

Qualche anno più tardi iniziarono a filtrare maggiori notizie sull’esistenza dei dischi volanti di progettazione tedesca. I giornali americani riportarono numerose notizie di scienziati nazisti che erano stati catturati dai russi a Stettino insieme a tutti i progetti, e sostennero che i dischi volanti apparsi nei cieli di tutto il mondo erano lo sviluppo sovietico delle pericolose tecnologie tedesche.

Anche in Italia si occuparono della faccenda e nelle edizioni del 24 e del  25 marzo 1950 del quotidiano “Il Giornale d’Italia” comparvero numerosi articoli a firma dell’esperto italiano di turbine, l’ingegner Giuseppe Belluzzo.

Questi parlava di alcuni velivoli circolari che sarebbero stati studiati e progettati a partire dal 1942 contemporaneamente da Italia e Germania, precisando che si trattava dell’applicazione di tecnologie convenzionali che si stavano all’epoca completando in Italia, come la turbina a combustione interna e il turboreattore per aerei.

Alla fine della guerra i progetti sarebbero stati catturati, probabilmente dai russi che avrebbero poi costruito quelli che i testimoni occasionali chiamavano “dischi volanti”.

Fu così che molti quotidiani in diverse nazioni, Germania compresa, ripresero la storia dei dischi volanti come armi segrete italo-tedesche.

Una settimana dopo la pubblicazione degli articoli di Belluzzo, lo scienziato tedesco Rudolph Schriever sostenne di aver sviluppato dischi volanti durante il periodo nazista.

Inoltre, parecchi quotidiani americani tra il 10 ed il 12 marzo 1950 riportarono che il principe Otto d’Asburgo aveva affermato, in una conferenza anticomunista tenuta a Salem il giorno 9, che i dischi volanti erano dei velivoli russi in missione di rilevamento geografico.

Secondo le sue affermazioni, alla fine della guerra i russi avrebbero acquisito dai tedeschi nove diverse armi della serie “V”, due delle quali erano state poi completamente sviluppate. Una di esse, grazie all’aiuto di scienziati tedeschi, avrebbe poi dato origine ai dischi volanti osservati sopra gli Stati Uniti.

Insomma, fino a quando i russi non andarono nello spazio e gli americani non misero piede sulla Luna, il tema preferito della Guerra Fredda tra le due potenze fu l’eredità dei piani tedeschi in materia di armi misteriose per la distruzione di massa.

Tema che, in rinnovato di clima di Guerra  Fredda (forse tiepida che va scaldandosi), in cui tutti si incolpano di essere nazisti, potrebbe tornare utile a entrambi nella propaganda.

I russi questi UFO nazisti per distruggere il pianeta non li hanno ancora utilizzati contro l’Ucraina, l’Europa, gli USA e il mondo, ma in verità nemmeno li hanno usati gli americani contro i russi e contro tutti i nemici della democrazia a stelle strisce.

Allora, intanto che entrambi decidono quando usarli, io leggo qualche buon libro e guardo il cielo in attesa di vederli. Anche perché vorrei approfittarne per fotografarli e pubblicarli sui social ora che si può.

 

 

Notizie false e tendenziose

Recentemente è di gran moda il mestiere di debunker, ovvero di colui che mette in dubbio o smentisce – basandosi su metodologie scientifiche – affermazioni false, esagerate o antiscientifiche. Così come è altrettanto attuale il creatore di bufale e di cosiddette fake news, ovvero le notizie false e tendenziose.

D’altronde non esisterebbe l’uno se non ci fosse l’altro.

Mentre passeggiavo tra i ruderi del castello medievale di Alvito, ripensavo alla figura di Giovanni Paolo Mattia Castrucci, scrittore immaginario, a cui per secoli è stata attribuita la Descrittione del ducato di Alvito, uscita per la prima volta nel 1633.

Passeggiando tra i ruderi del Castello di Alvito

Il Castello medievale di Alvito

Giovanni Paolo Mattia Castrucci, scrittore immaginario

Castrucci sarebbe nato ad Alvito intorno al 1575; si sarebbe laureato in filosofia e medicina a Roma nei primi anni del 1600, per fare ritorno ad Alvito, dove avrebbe svolto la professione di medico.

Qui nel 1632 avrebbe composto l’unica opera che gli è attribuita e dopo la pubblicazione, l’anno successivo, sarebbe morto.

Addirittura, in un articolo anonimo del 1853, comparve anche un suo presunto ritratto che fu stampato in una cartolina celebrativa dal Comune di Alvito.

Tutte informazioni desunte nel tempo, senza sapere che lo stesso non era mai esistito, almeno con quel cognome, come è stato documentato sia attraverso la collazione dei testimoni e delle varianti della Descrittione, sia attraverso i registri parrocchiali. Lo storico Lorenzo Arnone Sipari, invece, ha dimostrato come responsabile del falso storico fosse il duca di Alvito a cui l’opera era dedicata, il quale – seguendo una precisa strategia editoriale – avrebbe voluto ricollegare l’autore della Descrittione, a quanto pare un medico dal complesso onomastico simile, ovvero tale Giovanni Paolo Mattia, alle gesta del famoso condottiero Castruccio Castracani.

Tutto questo, per dire che da sempre esistono notizie infondate che poi si stratificano nelle coscienze collettive e diventano vere.

E spesso anche molto divertenti.

Le notizie false e tendenziose

Paul Birault era un giornalista e surrealista francese. E Hégésippe Simon non è mai esistito, se non nella fantasia di Birault e nella credulità di tanti politici francesi.

Era il 1913 e l’affair Hégésippe rappresentò una burla che ridicolizzò l’intera classe politica francese.

Una lettera di un fantomatico Comitato celebrativo del Centenario del grande Precursore della democrazia francese fu recapitata a numerosi esponesti del Partito Radicale i quali aderirono, vantarono conoscenza di altrettanto fantomatiche letture e si impegnarono persino a tessere lodi pubbliche del noto personaggio.

La cerimonia alla quale le autorità erano state invitate era fissata il 31 marzo 1914 nella città di nascita del grande uomo politico, Poil, comune francese del Dipartimento della Nièvre, nella Regione Bourgogne-Franche-Comté. Quindi il presunto grande uomo politico, filantropo, precursore, educatore, era “né a poil”, in francese, “nato nudo”. E il 31 marzo era la vigilia del 1 di aprile. Nel frattempo Paul Birault raccoglieva tutta la documentazione del suo scherzo pronto a redigere un volumetto che intitolò Hégésippe Simon, Precurseur.

La verità fu resa nota il 21 gennaio 1914 quando Birault, dalle colonne del suo giornale L’Éclair, raccontò i dettagli della storia. Fu l’ultimo scoppio di risa prima della Grande Guerra.

Notizie false e tendenziose su L’Acernatore

Qualche settimana fa su L’Acernatore è uscito un articolo che riportava notizie evidentemente false:

«È Di efferati delitti e d’altre storie macabre di Fabrizio Ghilardi, edito da Idrovolante Edizioni, la migliore raccolta di storie brevi del 2020, secondo una giuria composta da intellettuali,  critici letterari e scrittori tra i quali spiccano Hégésippe Simon (intellettuale e uomo politico francese), Eli Stormfield (capitano di marina statunitense) e Adam Jeffson (medico inglese).

Il quotidiano inglese The Mourning Post

La commissione ha valutato il libro di Ghilardi meritevole di una menzione speciale per il prestigioso Witch Prize promosso da The Mourning Post, autorevole quotidiano britannico.

Secondo il giornalista del The Mourning Post, James Sorrow, Di efferati delitti e d’altre storie macabre rappresenta “uno dei migliori esperimenti di scrittura in cui il surrealismo si fonde al genere thriller e a quello horror in un noir surreale denso di black humor”.

Sempre a Fabrizio Ghilardi – scrive Sorrow nel The Mourning Post –  è andato un importante riconoscimento nell’anno appena concluso. Il suo Le avventure romane di Enomoto Takeshi (sempre pubblicato da Idrovolante Edizioni) si è aggiudicato il Premio Swindle 2021 come migliore racconto pubblicato in Europa. Già The Evening Observator aveva definito il libro “il primo racconto surrealista scritto durante una seduta di polisonnografia con elettrooculogramma piatto. Un libro che rappresenta uno dei più grandi esperimenti realizzati dopo l’invenzione dell’Acernatore” ».

Nessun sospetto

Chi fossero Hégésippe Simon (intellettuale e uomo politico francese, vedi sopra), Eli Stormfield (capitano di marina statunitense, personaggio del romanzo Viaggio in Paradiso di Mark Twain) e Adam Jeffson (medico inglese protagonista del romanzo La nube purpurea di Matthew Phipps Shiel) che avevano premiato Di efferati delitti e d’altre storie macabre, nessuno se l’è chiesto quando sono arrivati i tanti complimenti all’autore. Non solo, la menzione al Witch Prize (traduzione del Premio Strega) e The Mourning Post (mourning, cioè lutto), non hanno insospettito (quasi) nessuno.

D’altro canto il giornalista James Sorrow (sorrow, ovvero cordoglio) e il Premio Swindle (swindle, truffa), ben si addicono a Le avventure romane di Enomoto Takeshi e al suo autore Fabrizio Ghilardi, altro esempio di scrittore immaginario che nessuno ha mai visto. Anzi, mai letto.

E chissà se esiste davvero.