L’utopico e il femmineo. Gioseffa Cornoldi Caminer e il Prospetto da una carta geografica matrimoniale (1786-1788)

Il bagliore fioco della lampadina getta il suo alone di luce a intermittenza, sopra alcune carte segnate dall’antichità, sparpagliate sul tavolo su cui sono piegata da diverse ore.

Saranno ormai le tre passate. Mi volto sulla pagina che mi è capitata tra le mani, il Prospetto da una carta geografica matrimoniale. Così dice, tra una cancellatura e un’abrasione:

Alcuni abili geografi hanno collocato il paese del matrimonio tra il ventesimo e il quinto grado di longitudine e il decimo nono di latitudine […]. La prospettiva che offre da lungi è quanto si può dire gradita, ma spariscono le di lui bellezze all’avvicinarsi. Vi si scopre da vicino la Baia dei desideri, di dove si fa vela per il Capo della sazietà, […] accade sovente di naufragare sullo Scoglio dell’avversione […] fintanto che giungere si possa alla Rada della mutua convenienza.

Il testo – una sorta di parodia dell’isola utopica del matrimonio –  porta la firma di una certa Gioseffa Cornoldi Caminer. Era stato pubblicato su un numero del primo giornale letterario femminile di Venezia, «La donna galante ed erudita». Giornale dedicato al bel sesso, diretto dalla Caminer stessa e attivo dal 1786 al 1788.

Diversi numeri prima, nella Giustificazione dell’editrice, leggo: «la mia penna mi dice all’orecchio che posso anch’io scarabocchiare. Mi avverte per altro che devo restringermi a letteratura femminea», e che «il più difficile oggi per un letterato non è di parlare d’erudizione coi dotti, di guerra coi militari, di cani e di cavalli con i signori, ma dei niente con diverse donne».

Nel tardo ‘700, parlare di matrimonio come una distopia in un giornale femminile non doveva essere esattamente parlare dei «niente», tra un articolo di cosmesi e uno di teatro.

Utopia all’epoca poteva significare due cose: o nostalgica metafora dell’impossibile, come l’isola immaginaria di Thomas More; oppure fissazione di un punto, di un fine da raggiungere nel concreto; sogno di trasformazione del mondo reale; lo scopo idealizzato che implica progetto; definizione delle coordinate del proprio futuro per mezzo dell’azione. È la corsa al premio che non casca dall’alto per fortuna o per divina Provvidenza.

In un certo senso, osservando il testo di Cornoldi Caminer, si avverte una forte carica trasformativa. Il matrimonio, l’isola felice dell’utopia femminile, non può che presentare al suo interno la «Baia della sazietà» e la «Rada della mutua convenienza», andrebbe perciò riformato.

Leggo altrove, nella Donna galante:

Le donne fanno qualche volta maggiori prodezze coi ventagli che gli uomini colla spada; affinché dunque sappiano esse ben maneggiare quest’armi ho stabilito un’Accademia per addestrare le figlie nell’esercizio del ventaglio secondo l’aria ed i movimenti che sono oggi più alla moda. Le Signore che portano sotto la mia direzione il ventaglio sono ordinate in battaglia due volte al giorno nella mia gran sala, ove insegno loro a ben maneggiar quell’arma, e a far l’esercizio col mezzo del seguente comando:

Prendete il ventaglio.

Spiegate il ventaglio.

Scaricate il ventaglio.

Abbassate il ventaglio.

Riprendete il ventaglio.

Agitate il ventaglio.

La Caminer parla effettivamente ancora dei «niente»: della corretta postura e dei passaggi dello sventolio del ventaglio come se si parlasse delle diverse posizioni di un battaglione in trincea.

Nei segnali d’ironia, nel non-detto, nel vocabolo ossessivamente ripetuto, c’è quello che è stato più volte definito il “potenziale utopistico”: l’esagerazione stilistica e narrativa deve provocare nel lettore la critica del presente, al fine di trasformarlo.

I «niente», la Caminer lo sa, possono diventare tutto.

Nella Donna galante, tra un testo utopistico e un altro, abbondano articoli di moda, senza alcuna ironia o implicazioni satiriche. Secondo la studiosa Lorenza Farina,

il tipo di donna tratteggiata in questo foglio periodico è pieno di contraddizioni […]. Da una parte vi è l’immagine di una femminista ante litteram: «Si aprano gli annali del mondo, e si vedrà cosa erano le donne. Si dica che abbiamo l’impero della bellezza, e che si volle rapirci quello della forza e della scienza. Se noi avessimo fatto le leggi, le cose avrebbero preso un altro aspetto. Saremmo affisse sul trono, giudicheremmo gli uomini, e forse il mondo non anderebbe sì male». Dall’altra un nostalgico rimpianto per il passato, per una concezione goldoniana della famiglia «ben regolata». […] I rapporti tra i due sessi vengono riproposti sovente e con accesi interventi. La corruzione del secolo, secondo la Cornoldi Caminer, ha colpito e messo in crisi anche l’istituzione del matrimonio, cui contribuì una diversa concezione dell’amore e la nascita di quella pittoresca figura che fu il “cavalier servente”. Crisi rilevata maggiormente nelle grandi città «ove il costume è più corrotto» mentre «nella campagna, nelle piccole città e presso le nazioni costumate il calcolo è precisamente al rovescio dell’addotto, che espone lo stato delle vizi».

Il rovesciamento della felice isola del matrimonio nel Prospetto geografico è un procedimento retorico ironico: ingigantisce gli oggetti di scena, come a teatro, e funge da lente d’ingrandimento sulle azioni umane, focalizzandosi sulle aspettative storiche, sulle possibilità reali, sulla volontà.

Forse Gioseffa Cornoldi Caminer nel suo Prospetto voleva solo scherzare.

La sua scrittura sarà stata ironia fine a sé stessa, probabilmente neanche così rivoluzionaria. Ma nulla vieta di pensare che fosse anche la sua percezione di uno iato tra la società com’era e società come avrebbe dovuto essere. L’avvertimento di uno scarto, la speranza che un giorno le sue «femminee» lettrici, appassionate dei «niente», possano colmarlo.

Carmen Niola

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